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LA DEPRESSIONE

Cos'è e come si cura
 

Dr. Antonio Grande - Psicologo Psicoterapeuta Bologna

Cosa significa il termine Depressione?
Qual è la differenza nella psicologia tra depressione e tristezza?
Quali sono i sintomi e i vissuti caratteristici dell’abbassamento di umore e della depressione?
Quali pensieri fa una persona che vive la depressione?
Questi pensieri possono rendere difficile chiedere aiuto ad uno specialista?


Cosa significa il termine Depressione?

La parola Depressione deriva dal latino "deprimere", che vuol dire premere giu', affondare.

I significati etimologici del termine rimandano direttamente a certi vissuti riferiti dalle persone che ne soffrono: sento dottore come se avessi un peso sul petto, come un'oppressione che mi tira giù e di cui non riesco a liberarmi, mi sento sprofondare, sto affondando.

Qual è la differenza nella psicologia tra depressione e tristezza?

Il disturbo del tono dell'umore a cui facciamo riferimento col termine  Depressione si differenzia per vari aspetti, anche se questa distinzione non e' sempre facile da operarsi, da quello che possiamo considerare uno stato più o meno intenso e piu' o meno duraturo di tristezza normale.

A tutti puo' capitare di sentirsi occasionalmente tristi, scoraggiati o giu' di corda; possiamo anche sentirci oppressi da una situazione o affondare in un problema, ma normalmente questi stati sono transitori e fanno parte della normale fluttuazione dell'umore o di una normale e comprensibile reazione alle svariate difficolta' che la vita ci presenta.

E' infatti nell'ordine naturale delle cose essere un po' "depressi" e melanconici se si subisce la rottura di un legame affettivo, la perdita del lavoro o una perdita finanziaria, se si scopre di avere una certa  malattia e nessuno si stupisce se dopo un grave lutto una persona si chiude in casa, ricerca i suoi affetti piu' cari ed e' momentaneamente inabile al lavoro.

Però, è come  se nella nostra mente, in base alla nostra esperienza di vita, ci fosse l'aspettativa di una certa proporzione e consequenzialita' fra causa ed effetto, fra, ad esempio, evento di vita e reazione normale delle persone ad esso e questa normalita' comprende, non solo l'intensita' e la durata di questa reazione, ma anche la sua qualita'.
Se qualcuno ad esempio subisce la perdita di una persona cara e durante il funerale mostra una strana allegria e si spinge magari a fare battute sui morti e sui funerali, e' difficile non sentire penosamente inappropriato questo comportamento e scambiarlo magari per forza d'animo. Agli astanti verra' probabilmente in mente il vecchio detto del "ridere per non piangere" e penseranno che questa persona sia momentaneamente troppo fragile per sopportare il peso del suo dolore e della sua perdita.  In ogni caso penseranno che c'e' qualcosa di strano, che non va'.

Ecco quindi una situazione in cui essere giu', tristi ed anche molto tristi, viene considerato non solo perfettamente normale ma anche segno di normalita'.
Questa tristezza non deve pero' travalicare certi limiti di intensita' e durata.

Quali sono i sintomi e i vissuti caratteristici dell’abbassamento di umore e della depressione?

Se ad esempio, sono trascorsi gia' un paio di mesi dalla perdita della persona cara e si continua ad avere un umore depresso quasi ogni giorno e per la maggior parte del giorno, non si ha più interesse o piacere nel fare le cose e a questo magari si accompagnano alcuni sintomi, quali insonnia od eccessivo ed inspiegabile bisogno di sonno, altrettanto inspiegabile dimagrimento o ingrassamento, facile affaticamento e riduzione dell'energia a disposizione per svolgere le proprie attivita' quotidiane e magari gravi vissuti di colpa, autosvalutazione, ricorrente pensieri suicidi ecc., allora e' lecito il dubbio  che ci sia qualcosa che non va e magari qualcosa di serio sta succedendo.
Una situazione di questo tipo infatti induce a pensare che la sofferenza della persona stia appunto travalicando i limiti di quello che era lecito aspettarsi, pur in seguito alla perdita di una persona molto cara e stia accadendo qualcosa su cui si debba intervenire rapidamente per dare aiuto e sollievo ad una persona che ha tutta l'aria di essersi impantanata nella sofferenza.

In una situazione come questa, infatti, uno specialista del settore diagnosticherebbe probabilmente in questa persona la presenza di una  Depressione maggiore, intendendo con questi termini non solo una precisa entita' clinica e cioe' la forma più grave di depressione ma anche una delle esperienze piu' tragiche e atroci che possa vivere un essere umano.
E qui ci puo' tornare in mente "l'affondare" come movimento che ci porta verso il basso e non si arresta, un andar giu' senza speranza, spesso accompagnato da un dolore indicibile; detto per inciso, l'esperienza ed i parametri diagnostici ci dicono che, in mancanza di un lutto, e' bene pensare la stessa cosa se uno stato dell'umore e psicofisico come quello descritto dura, ad esempio, per piu' di un paio di settimane.

L'esempio estremo della Depressione Maggiore ci aiuta quindi a capire come, sostanzialmente, l'alterazione del tono dell'umore che classifichiamo come depressione, e che consideriamo come disturbo, tende a differenziarsi dalla tristezza normale, innanzitutto per l'intensita' con cui essa viene sperimentata e per la sua durata nel tempo.

Quali pensieri fa una persona che vive la depressione?

Continuando a prendere spunto da questo tipo di disturbo depressivo piu' severo, quello che colpisce non sono solo le caratteristiche a cui si accennava ma anche i pensieri che accompagnano questo stato, pensieri che potremmo considerare un altro utile parametro per distinguere la tristezza normale da quella patologica.
Infatti la persona che ne soffre tende a vedersi senza scampo e senza futuro, non vede via di uscita dalla sua situazione disperata. Puo' odiarsi e disprezzarsi profondamente, sentirsi indegna, immeritevole e non in grado di far fronte alla sua vita, pensando di essere  o di poter essere solo fonte di guai e sofferenze per le persone che le sono intorno e che, anche pensando alla loro felicita', sarebbe meglio forse farla finita.

Questi pensieri possono rendere difficile chiedere aiuto ad uno specialista?

il problema fondamentale di questi pensieri e di questi vissuti è che la persona che ne è portatrice spesso non si rende conto di essere preda di un disturbo,  ma tende a considerarli come una giusta e comprensibile conseguenza del fatto di vedere come stanno le cose nella realta'. Proprio questa modalita' di pensiero (che e' difficile identificare con una tristezza normale per quanto profonda) spiega come la persona depressa, pur sperimentando una visione per così dire, a tunnel e senza speranza, difficilmente si accorga di essere preda di un disturbo, ma ritenendo di vedere le cose nella loro giusta crudezza, non vede la necessita' di cercare un aiuto per uscire dalle sue sofferenze e un problema aggiuntivo è che talvolta neanche i familiari o le persone care sono in grado di accorgersene; da ciò ne deriva che  portarsi o essere spinti ad andare in terapia dai familiari e dalle persone care, quando si rendono conto che c'è qualcosa che non va, e restarvi, e' gia' un risultato notevole.

Forme principali di disturbo dell'umore

Ogni persona vive l'esperienza della depressione a suo modo ma la scienza ha bisogno, anche per facilitare la comunicazione fra le persone che cercano di prestare aiuto, di parametri e misure piu' o meno precise a cui far riferimento; ed ecco allora che al di la' della forma piu' grave che abbiamo appena descritto e che, se ricorrente, costituisce il Disturbo Unipolare (vedremo poi il perche' di questa denominazione) si parla di Distimia se i sintomi depressivi sono meno intensi ma durano ad esempio per piu' di due anni in modo piu' o meno continuativo. La persona distimica e' decisamente poco felice, tende ad avere una visione pessimistica della vita e del futuro e per quanto riesca a condurre un'esistenza abbastanza normale, sostanzialmente fa fatica a vivere. Sono poche le cose che la interessano e le danno entusiasmo, le risulta difficile in genere prendere decisioni ed imporsi positivamente nelle situazioni, puo' lamentare insonnia e mancanza di concentrazione.

Anche qui essendo per qualche verso presenti piu' o meno sottocute le stesse modalita' e contenuti di pensiero di cui si parlava prima, accorgersi dello stato in cui versa e cercare aiuto, e' gia' aver fatto meta' dell'opera.
Se lo stato depressivo e' ancora piu' lieve e sfumato, si parla di Depressione Subclinica, ed e' lo stato in cui capita che le persone ci parlano, quando vengono in consulto per una fenomenologia depressiva piu' seria; cosi' scopriamo che una forma di depressione subclinica, che di tanto in tanto si faceva viva, ha anticipato magari di anni l'episodio purtroppo piu' severo, senza che ne' il soggetto ne' i familiari piu' vicini e attenti vi dessero peso o se ne accorgessero.

Particolari e sicuramente meno conosciute presso il grande pubblico, sono le forme in cui a periodi di calo dell'umore si alternano periodi di euforia, euforia che viene generalmente interpretata come un tentativo della mente di reagire al pericolo depressivo.
Questo stato dell'umore, per quanto spostato verso l'alto, va sempre considerato un'alterazione rispetto alla stabilita' dell'umore auspicabile e infatti, se persiste, puo' portare la persona sulla base di un senso ipertrofico di benessere e di fiducia in se stessa, un ottimismo acritico, un'iperattivita' sostenuta da un'instacabilita' anormale ecc., a cacciarsi in situazioni, non solo insolite per lei ma purtroppo potenzialmente distruttive.
Queste situazioni possono riguardare l'aspetto economico (iniziative finanziarie poco accorte, investimenti sconsiderati o addirittura spesso folli, licenziamenti da lavoro sulla base di prospettive non realistiche, ecc.), quello sessuale (infedelta', saltare da un'avventura all'altra, comportamenti promiscui), e cosi' via.
Nell'insieme le attivita' non risultano ben finalizzate e talvolta risultano francamente caotiche, il pensiero e il linguaggio possono risultare inusualmente veloci fino al punto in cui caratteristicamente la persona puo' perdere il filo del discorso. La ridotta quantita' di sonno e di riposo, di cui il soggetto puo' avvertire scarsamente il bisogno, possono infine essere causa di scompensi cardiaci.

A questo alternarsi di periodi di grave abbassamento dell'umore ad altri di umore euforico si fa riferimento nel linguaggio clinico come Disturbo Bipolare (si distingue poi un tipo "1"  in cui i periodi di esaltazione sono molto marcati, da un tipo "2" in cui lo sono meno), che si differenzia quindi dal Disturbo Unipolare di cui sopra. In certe situazioni gli episodi piu' o meno marcati di  esaltazione dell'umore sono gli unici disturbi dell'umore che la persona puo' manifestare per tutta la vita e non si evidenziano episodi depressivi. Periodi di esaltazione lieve dell'umore potrebbero sembrare auspicabili ma come vedremo le cose non sono proprio cosi' semplici.

Con un termine ancor piu' difficile e ancora meno conosciuto presso il grande pubblico, si parla di Ciclotimia per intendere una situazione esistenziale in cui l'oscillazione fra il polo depresso e quello euforico e' meno marcata che nel disturbo bipolare. Ci sono giorni o settimane in cui lo stato dell'umore della persona e' costantemente elevato alternati ad altri in cui e' costantemente depresso, magari intervallati da periodi di umore normale.
Anche se talvolta le persone si rendono conto di questa strana fluttuazione e capiscono che c'e' qualcosa che non va, piu' normalmente tendono a prendere il loro stato come un dato di fatto. Quando e' possible aiutarle e vengono in terapia, vediamo che nei periodi "buoni" sono allegri, espansivi, creativi; frequentano volentieri gli altri e magari tengono su la compagnia, sono intraprendenti sul lavoro e azzardano. Negli altri periodi tendono ad essere taciturni si isolano, sperimentano un senso di fatica nel fare le cose e magari pagano le conseguenze dell fase precedente di esaltazione. Quando si raccontano al terapeuta nell'intimita' dello studio, non e' infrequente cogliere una certa perplessita', che evolvera', in un secondo momento, in riflessione ed elaborazione in merito a scelte di vita lavorative o affettive, talora brusche, complicate e mutevoli.

Insieme a questi quadri piu' chiari e definiti esistono poi delle Forme Miste in cui c'e' ad esempio un continuo darsi da fare non ben finalizzato e non accompagnato da elevazione del tono dell'umore; oppure umore basso che puo' coesistere con agitazione e irrequietezza o ancora se l'umore vira verso l'irritabilita', come puo' succedere, si puo' diventare litigiosi, lamentosi, esplosivi.

Se aggiungiamo a questi stati le forme depressive in cui c'e' un'alterazione del normale senso di realta' (ad es. allucinazioni uditive o olfattive, la persona avverte odori che gli altri non percepiscono, deliri di rovina, di colpa o di persecuzione) e le forme stagionali, che tutti piu' o meno conoscono, piu' frequenti in genere in autunno col venire meno delle ore di luce, piuttosto che in primavera, abbiamo un quadro abbastanza completo dei disturbi dell'umore.

Detto cio' dobbiamo dire che la realta', soprattutto quella mentale, e' per fortuna difficilmente contenibile in schemi che anche se utili, come abbiamo accennato, agli operatori del settore per comunicare, approntare cure ecc.,  ed alle persone che soffrono per confrontarsi e capire, rimangono sempre un'astrazione rispetto alla mutevolezza e ai colori cangianti della vita; per tale motivo non sono poche le situazioni nella pratica clinica che non rientrano chiaramente in nessuno degli schemi sopraesposti.

 

Dr. Antonio Grande: Opera a Bologna dal 1980. Laureato in Psicologia (Univ. Padova) ed in Pedagogia (Univ. Bologna), ha seguito una prima formazione post-universitaria in Riabilitazione e Psicoterapia del Linguaggio e poi, sviluppando e approfondendo i propri interessi, Specializzazioni e Formazioni, al minimo quadriennali, in Psicoterapie Dinamiche Brevi, in Psicoterapia Ipnotica, in Psicoterapia Psicoanalitica e in Consulenza Sessuale e Sessuologia Clinica. Già direttore del Centro di Psicologia Applicata, è attualmente direttore del Centro Studi di Psicoterapia "Arca" e direttore scientifico della Rivista di Psicologia Psicoterapia e Sessuologia "ARCA ".

 

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