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TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE:
MODI E TECNICHE NELLA CURA DEI DISTURBI
Dr. Antonio Grande e Dr.ssa Gabriella Ranalli - Psicologi Psicoterapeuti Bologna
Come opera il terapeuta cognitivo comportamentale?
Quali tecniche utilizza il terapeuta cognitivo comportamentale?
Quali sono le tecniche comportamentali?
Quali sono le tecniche cognitive?
L'integrazione realizzatasi nel tempo fra i paradigmi del condizionamento classico/operante e le tecniche che nel frattempo derivavano dalla psicologia cognitivista ha fatto si che il repertorio operativo, cui il terapeuta cognitivo-comportamentale può fare riferimento, sia piuttosto ampio e sofisticato. Alle tecniche comportamentali che ponevano l'attenzione sulle abilità comportamentali, si sono aggiunte quelle cognitive, che si concentrano sui processi cognitivi di mediazione consci. I terapeuti cognitivo-comportamentali in base ai problemi presentati dal cliente e alle loro preferenze teoriche ed operative, alcuni infatti sono più vicini al versante comportamentale mentre altri invece a quello cognitivo (vedi i costruttivisti), costruiscono uno schema di intervento selezionando le tecniche che essi ritengono più adatte al caso specifico, tenendo conto delle condizioni in cui operano e della misura in cui queste tecniche sembrano poter essere accettate dal cliente. Anche se una distinzione di questo tipo rischia di essere nella pratica un po' riduttiva, è comprensibile che il terapeuta, quando si trovi a dover trattare problemi comportamentali, prediligerà l'uso delle tecniche di terapia comportamentale a sua disposizione, mentre se le difficoltà del paziente riguardano la sfera emotiva ed esistenziale avrà come obiettivo l'attenta esplorazione delle problematiche presenti in queste aree, e tenderà ad avvalersi soprattutto di tecniche cognitive. Entrambe queste modalità operative richiedono poi che il paziente, fra una seduta e l'altra, e in particolar modo quando si ripresentano i comportamenti e i vissuti problematici motivanti la richiesta di trattamento, compia un' attenta e sistematica auto-osservazione delle emozioni sperimentate, dei pensieri e delle azioni compiute, oltre che del contesto umano e ambientale in cui queste si sono verificate. Questa prassi, quando ben condotta, permette col tempo di evidenziare i sistemi rappresentativi disfunzionanti, frutto delle distorsioni nelle passate relazioni interpersonali, che stanno alla base dei comportamenti e degli stati mentali problematici oggetto del trattamento. Inoltre il terapeuta cognitivo comportamentale può avvalersi di griglie, questionari di autovalutazione, interviste ecc. L'esperienza ha fatto sì poi, che i terapeuti cognitivo-comportamentali scoprissero per conto loro e si alline
assero a concetti, fondamentali da sempre nella psicoterapia psicoanalitica, quali il considerare preziose occasioni per conoscere il paziente, le resistenze che egli può presentare al trattamento e la neutralità del terapeuta.
LE TECNICHE
Riprendiamo la distinzione precedente, fra tecniche comportamentali e cognitive, elencando qui di seguito, in modo certamente non esaustivo, solo alcune fra quelle più conosciute.
TECNICHE COMPORTAMENTALI
Si è tentato, forse un po' forzatamente, di distinguere fra tecniche che hanno come scopo il controllo o l'estinzione di un comportamento disadattivo o abnorme, ad es. fobico, coatto, aggressivo, ecc., e tecniche che mirano allo sviluppo di nuove abilità, usate ad es. nelle terapie sessuali o nell'addestramento alla comunicazione in contesti di psicosi o depressione bipolare, la distinzione difficilmente è così netta, ed entrambi i tipi di tecniche possono magari essere utilizzate nello stesso disturbo, per cui le riportiamo di seguito senza soffermarci a distinguere fra quelle appartenenti ad un gruppo o all'altro, lasciandone al lettore l'intuizione.
LA DESENSIBILIZZAZIONE SISTEMATICA ( DS ), elaborata negli anni 70, si richiama al Condizionamento Classico e si basa sull'impossibilità della contemporanea presenza di ansia e rilassamento. Allo stimolo ansiogeno viene ad es. sistematicamente associato il rilassamento allo scopo di estinguere progressivamente la risposta d'ansia e di sostituirla con quella di rilassamento. Le fasi in cui si articola l'intervento sono fondamentalmente tre:
1) L'analisi degli stimoli ansiogeni e il loro ordinamento in una scala gerarchica che va da un minimo a un massimo di ansia evocata.
2) Apprendimento delle tecniche di rilassamento.
3) Con l'aiuto del terapeuta, il paziente, in stato di rilassamento, si cala a livello immaginativo nelle varie situazioni ansiogene cominciando da quelle che evocano un minimo d'ansia, per passare poi a quelle via via più ansiogene, fino a quando non è in grado di mantenere lo stato di rilassamento anche nell'immaginare le scene che evocano un massimo d'ansia.
Naturalmente si lavora in prospettiva del fatto che questo apprendimento tende poi a generalizzarsi nel mondo esterno.
IMPLOSIONE (flooding).
Questa rientra fra le tecniche cosiddette “forti” della Terapia cognitivo-comportamentale. Il terapeuta porta il paziente a sperimentare, a livello immaginativo o reale, la situazione che più lo spaventa e per il maggior tempo possibile, allo scopo di fargli per così dire toccare con mano l'irrealtà dei suoi timori; in genere l'ansia, dopo aver raggiunto un picco, si ridimensiona o in certi casi sparisce completamente. Ad esempio di fronte ad una persona che non si avvicina alle finestre per paura di non resistere all'impulso di buttarsi di sotto: il terapeuta, dopo aver stabilito un rapporto di fiducia e spiegato il senso dell'intervento, può utilizzare una tecnica di questo tipo: aiuta il paziente a salire in piedi su una sedia davanti ad una finestra spalancata e gli sta accanto anche per qualche ora, sostituito poi via via nei giorni successivi dai familiari di quest'ultimo, fino all'estinzione della paura. In base allo stesso principio una madre che vive il timore ossessivo di buttare il proprio bambino giù dalla finestra o dal balcone, viene indotta ad uscire sul balcone e restare lì, per tutto il tempo possibile con il bambino in braccio, con il terapeuta accanto; e così nei giorni successivi fino a dimostrarsi di avere in realtà il controllo su questo impulso terrorizzante e a ridurre progressivamente le risposte d'angoscia. Va da sé che questo tipo di interventi può e deve essere effettuato solo da terapeuti di provata esperienza e su pazienti ben selezionati.
L'ANTICIPAZIONE DELLA RISPOSTE. Si tratta di una tecnica utilizzata in genere con pazienti ossessivo-compulsivi, che utilizzano dei rituali come rassicurazione. Si agisce su un elemento del rituale, ad es. bloccandolo, accettando che momentaneamente l'ansia cresca, per dimostrare poi al paziente che l'ansia decresce e alla fine l'inutilità di tutto il rituale.
TECNICHE AVVERSATIVE. Si tratta di un gruppo di tecniche basate sul concetto di rinforzo negativo, e quindi sulla punizione, del Condizionamento Operante. E' comprensibile che siano tecniche da utilizzare con cautela e da accompagnare al rinforzo positivo. La punizione cosiddetta può seguire il comportamento indesiderato, essere contemporanea ad esso o consistere nel ritiro di un rinforzo positivo. Sono state utilizzate nel trattamento dell'alcolismo, del fumo o di comportamenti abnormi.
TRAINING ASSERTIVO. Questo tipo di tecnica mira a rafforzare la capacità di autoaffermazione e di espressione, naturalmente nelle situazioni e nei modi opportuni, dei propri pensieri, convinzioni, emozioni e sentimenti, ad es. di irritazione, di rabbia o altro. Viene utilizzata in genere con le persone che soffrono del fatto di non riuscire a dire di no e hanno la sensazione di lasciarsi in qualche modo sovrastare dagli altri. Nella stesura del programma terapeutico vengono studiate le situazioni in cui il paziente riterrebbe opportuno tenere appunto un comportamento più assertivo e poi ci si esercita in studio, ricostruendo col terapeuta quel tipo di situazioni in cui si intende sviluppare un comportamento diverso, interpretando in modo scambievole col terapeuta i vari ruoli (role playing) e adeguando il proprio comportamento agli obiettivi che si intendono raggiungere. Il terapeuta ha il compito di fornire istruzioni sul comportamento assertivo da tenere, fungendo da modello e rinforzando e rispecchiando positivamente il paziente quando questi riesce a produrre il comportamento desiderato. Gradualmente si cerca poi di esportare all'esterno i risultati raggiunti nel “laboratorio terapeutico”
IL MODELLAMENTO. Come abbiamo visto è stato Bandura a sottolineare enfaticamente il ruolo del modellamento nello sviluppo, nell'apprendimento e nella modificazione del comportamento. L'osservazione del comportamento di un modello che non subisce alcun danno da una situazione che invece nel paziente crea ansia e timore, può aiutare quest'ultimo ad eliminare questi vissuti spiacevoli o, in altre situazioni, ad acquisire nuove risposte ed abilità o a produrre più frequentemente risposte positive che fanno già parte del suo repertorio. Talvolta è il terapeuta stesso che può fornire il modello, in altri casi ci si può servire di foto, filmati, ecc. Si ritiene importante in ogni caso che il modello non si distacchi eccessivamente dal paziente affinché non si corra il rischio che venga percepito come irrealistico. Un esempio di efficacia del modellamento (in questo caso involontario) è l'episodio riferito da un paziente, in cura fra l'altro anche per problemi fobici, che raccontò come anni prima avesse una certa paura dei cani. Una volta vide per strada il proprio padre accarezzare un grosso cane lupo e addirittura mettergli la mano in bocca. Questo fu sufficiente, con sua sorpresa, a fargli superare la sua paura. Dato che una facile critica al ruolo del modellamento è la considerazione per cui ad es. alle persone che hanno problemi fobici di vario tipo, non basta osservare che la maggior parte del resto del mondo non ne soffre per liberarsi dalle proprie paure, viene spontaneo interrogarsi sull'importanza del ruolo rivestito dalla persona che produce il comportamento nei confronti di quella il cui comportamento viene modellato affinché l'apprendimento si verifichi. Tornando all'esempio precedente, sarebbe stata la stessa cosa se a mettere la mano nella bocca del cane non fosse stato il padre? Il concetto psicoanalitico di Identificazione, che sottolinea come fin dall'infanzia abbiamo la tendenza a identificarci appunto con le persone per noi significative e che questa tendenza continua in qualche modo per tutta la vita, rende più comprensibile la fenomenologia legata al modellamento e potrebbe renderne più efficace l'uso clinico.
TECNICHE COGNITIVE
Come abbiamo visto, nell'ottica comportamentale l'obiettivo terapeutico è la pura modificazione dei comportamenti sintomatici, visti come frutto di un apprendimento di modelli di comportamenti non adattivi che, attraverso un nuovo condizionamento, si cerca di sostituire con altri più adeguati; nell'approccio cognitivista, parlando naturalmente per sommi capi, la psicoterapia è invece intesa come modificazione degli schemi cognitivi disfunzionali, che vengono ipotizzati essere alla base della sofferenza emotiva e della reiterazione di comportamenti inadeguati e controproducenti. Primo scopo della terapia è la identificazione, nel lavoro col paziente, di questi schemi disfunzionali, al fine di aiutare quest'ultimo nell'ambito del possibile a rivederli, correggerli e aggiornarli, per adeguarli il più possibile alla sua realtà e a quella dell'ambiente che lo circonda. Questi schemi disfunzionali riguardano il sistema di convinzione del paziente su di sé e sugli altri, sulle ragioni della propria sofferenza, sulla realtà esterna e sui modi in cui si attribuisce valore e significato agli avvenimenti interni ed esterni. Questi schemi, nell'ottica cognitivista, cominciano a svilupparsi fin dall'inizio della vita e vengono poi strutturati via via, nel corso dello sviluppo, dalle modalità delle relazioni familiari e dall'ambiente, fino a costituire un sistema di convinzioni di fondo, che regola poi il comportamento e il modo di sentire dell'individuo. La ricostruzione e la consapevolezza raggiunta dal paziente nel corso della terapia, di come tali convinzioni di base, sentite come paradigmatiche ed ineludibili, si siano strutturate a partire soprattutto da specifiche e reiterate esperienze con le figure significative dell'ambiente familiare, pur non avendo attualmente, almeno per quanto riguarda le convinzioni disfunzionali, una logica connessione con la realtà presente né tanto meno ne siano la diretta conseguenza o la spieghino adeguatamente, aiutano il paziente a vedere la distanza che separa i suoi schemi cognitivi dalla realtà concreta e quindi a metterli in discussione e a rielaborarli. E' da questa rielaborazione e ristrutturazione che il terapeuta cognitivista si aspetta scaturisca la possibilità di una rinnovata salute mentale. Tale obiettivo viene perseguito attraverso l'uso di svariate tecniche fra cui scegliendo fra quelle più classiche, quelle ad es. basate sull'analisi logica formale o sulla discussione delle credenze irrazionali, che ha lo scopo di dimostrare al paziente come il suo problema non derivi dagli eventi, ma dalla percezione che egli ne ha e dal modo in cui vede se stesso, ad esempio le convinzioni che ha sulle proprie capacità e sul proprio carattere. Essendo poi la terapia concettualizzata come un processo educativo, oltre all'uso di prescrizioni comportamentali riguardanti compiti specifici da eseguire in terapia e nella vita di ogni giorno, strutturati sempre in modo da favorire i cambiamenti cognitivi auspicati, vengono consigliate al paziente ad esempio letture specifiche o laddove le sedute vengono registrate il loro riascolto critico. Altre tecniche, focalizzando il rapporto di reciprocità fra linguaggio e pensiero, utilizzano il cambiamento del linguaggio per influenzare il pensiero e modificare quindi la definizione che il paziente dà di se stesso, e così via.
Dr. Antonio Grande: Opera a Bologna dal 1980. Laureato in Psicologia (Univ. Padova) ed in Pedagogia (Univ. Bologna), ha seguito una prima formazione post-universitaria in Riabilitazione e Psicoterapia del Linguaggio e poi, sviluppando e approfondendo i propri interessi, Specializzazioni e Formazioni, al minimo quadriennali, in Psicoterapie Dinamiche Brevi, in Psicoterapia Ipnotica, in Psicoterapia Psicoanalitica e in Consulenza Sessuale e Sessuologia Clinica. Già direttore del Centro di Psicologia Applicata, è attualmente direttore del Centro Studi di Psicoterapia "Arca" e direttore scientifico della Rivista di Psicologia Psicoterapia e Sessuologia "ARCA ".
Dr.ssa Gabriella Ranalli: Dopo la laurea in Psicologia Clinica ha conseguito la specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica presso la Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica. Negli anni successivi si è formata in Psicodiagnostica Clinica presso il CEIPA - Istituto di formazione e ricerca scientifica, Roma. Ha seguito poi un Master in Sessuologia Clinica presso il Centro Italiano di Sessuologia e un altro Master in Ipnosi Ericksoniana presso la Società Italiana di Ipnosi. Ha svolto poi il Training (I e II livello) del metodo terapeutico EMDR presso l’Associazione EMDR Italia.
Psicologi Psicoterapeuti c/o Centro Arca Bologna
PER FISSARE APPUNTAMENTI E PER CONTATTI
Centro Studi di Psicoterapia “ARCA” - Via San Lorenzo, 4 Bologna
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dal lunedì al venerdì dalle ore 7.45 alle ore 21, il sabato dalle ore 7.45 alle ore 16
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Per approfondimenti clinici è possibile contattare direttamente il Dr. Antonio Grande inviando una mail all'indirizzo a.grande@psicoterapiarca.it
Su richiesta i Terapeuti saranno disponibili anche online
(Skype, WhatsApp Video e FaceTime)
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