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ADOLESCENZA

Crescita, Sintomi, Problemi

 

Dr.ssa Laura Nannucci - Psicologo Bologna

 

 

Cos’e’ l’adolescenza?


L’adolescenza, dal latino “adolescere” che significa “crescere”, è la fase della vita durante la quale l’individuo conquista le abilità e le competenze necessarie ad assumersi le responsabilità relative al futuro stato di adulto e si conclude con l’avvento di quest’ultimo. Questo periodo di transizione dallo stato di bambino a quello di giovane adulto prevede una costante evoluzione e continue trasformazioni che spesso, dall’esterno, vengono scambiate per volubilità, instabilità, squilibrio. In questo momento della vita gli interrogativi e i dubbi su di sè, le trasformazioni del proprio corpo, i conflitti con i genitori rappresentano dei momenti di passaggio che possono non costituire una patologia.
I rapidi e consistenti cambiamenti causano una fase di disequilibrio in cui tutto viene rimesso in discussione. Si potrebbe osservare che cambiamenti così rapidi non sono caratteristici esclusivamente di questa fase della vita, per esempio nell’infanzia l’evoluzione somatica e mentale raggiungono ritmi particolarmente elevati, ma in adolescenza, il ragazzo o la ragazza sono spettatori consapevoli delle mutazioni che li riguardano e sono perciò impegnati in un difficile processo di attribuzione di senso a quello che sta loro accadendo.
 

L’adolescente ci sorprende per “capire”


L’adolescenza suscita al giorno d’oggi, più che in ogni altro momento storico, una crescente attenzione da parte del mondo degli adulti (in special modo genitori, insegnanti, sociologi e psicologi). L’adolescente riesce sempre a sorprenderci per le capacità di infastidire le tendenze conservatrici del nostro mondo, per le potenzialità di pensiero e di azione che si possono manifestare sotto forma di grande creatività, distruttività o piattezza. Dietro ai sintomi (corporei, relativi alla sessualità, condotte autodistruttive etc.) sembra esserci anche una grande necessità di conoscere e capire: l’adolescente è affamato di verità. E’ l’erede del bambino teso incessantemente a elaborare teorie e farsene una ragione, alla ricerca spasmodica dei segreti sui misteri del mondo: la differenza fra i sessi e l’origine della vita. Sono domande sul sé, sul mondo circostante, sui genitori, sulle relazioni affettive.
Cosa mi sta succedendo? Chi diventerò? Come mi accoglierà la società? Cosa si aspettano gli altri da me? Come posso essere me stesso e allo stesso tempo non deludere i miei genitori? Chi e come potrà amarmi oltre a loro? Sono solo un piccolo esempio dei dubbi e delle incertezze che li assillano in questa fase di grandi ed importanti, ma allo stesso tempo estremamente difficili, trasformazioni.
 

Quali sono gli obiettivi di questa crescita?


I temi evolutivi sui quali si svolge la crescita degli adolescenti e sui quali si possono eventualmente, in questa fase della vita, strutturare i sintomi disfunzionali, riguardano generalmente:

- l’accettazione del proprio corpo in mutazione: l’immagine corporea viene messa
  in crisi dai cambiamenti della pubertà e necessità perciò di essere ristrutturata ed
  assimilata come facente parte di una nuova identità. Il corpo, diventato estraneo,
  viene utilizzato come uno  spazio di sperimentazione, o in casi più estremi come un
  campo di battaglia, sul quale mettere in scena eventuali conflitti (disturbi alimentari,
  abuso di sostanze, gravidanze precoci, etc.)

- l’acquisizione di un’identità personale unica e definita, che permetta all’adolescente
  di percepirsi con una precisa definizione di sé stesso in termini di personalità, valori,
  credenze, preferenze e motivazioni. Uno dei passaggi essenziali per la risoluzione di
  questo processo è la (più o meno) sofferta acquisizione di autonomia rispetto alle figure
  genitoriali. Questo porta il ragazzo ad un difficile riconoscimento di sé stesso   
  nell’ambiente familiare e ad una necessaria ristrutturazione della propria immagine in
  questo contesto. Viene quindi vissuto il lutto rispetto alla perdita della propria identità
  infantile.

- il consolidamento di un’identità sessuale e di genere, ovvero la convinzione stabile
  di appartenere all’uno o all’altro sesso e di identificarvisi. Le trasformazioni del corpo e la
  maturazione degli organi genitali innescano il bisogno di intensificare i comportamenti
  che caratterizzano il genere sessuale nel quale l’adolescente si identifica. Parte di
  questo processo è il compito di integrare la nuova sessualità con l’affettività in un insieme
  armonioso.
 
- le relazioni con i coetanei e lo sviluppo di una identità sociale. All’interno dei
  raggruppamenti giovanili si costruisce gran parte dell’identità adolescenziale. Il rapporto
  con i coetanei ha il ruolo di rendere pensabile il travaglio della crescita attraverso la
  condivisione e il senso di appartenenza. Quando queste relazioni risultano compromesse
  si possono verificare difficoltà che necessitano di essere attentamente valutate.
 
- la formazione di sistemi motivazionali, valori e progettualità futura più
   strutturati tramite:
  - interiorizzazione di norme e valori stabili e coerenti con la propria identità
  - mediazione fra bisogni interni ed esigenze sociali
  - sviluppo di aspirazioni ed una personale visione del mondo al quale non adeguarsi 
    passivamente.
 

Quali sono le caratteristiche generali dei sintomi adolescenziali?


I sintomi adolescenziali hanno un carattere instabile e discontinuo. I genitori possono quindi dover affrontare momenti in cui sono travolti dalla forza con la quale si manifestano certi comportamenti e spaventati dalla loro violenza ed estraneità rispetto al carattere del figlio come lo avevano conosciuto fino a quel momento. Questo può provocare sentimenti diversi che possono elicitare comportamenti preoccupati, permissivi, tolleranti o repressivi, conseguenti all’onda d’urto provocata dalle emozioni portate in campo dal ragazzo o dalla ragazza. Questi momenti si alternano ad altri in cui sembra che torni la serenità, momenti durante i quali si può trovare anche lo spazio per pensare a “cosa possa essere successo e perché”.
Spesso in queste situazioni può nascere nella mente del genitore l’esigenza di avere qualcuno con cui confrontarsi e capire con quali strumenti, quando presumibilmente i problemi si ripresenteranno, potrebbe aiutare più efficacemente il figlio/a ad affrontare le difficoltà che provocano sofferenza e disequilibrio.
Ciò che accomuna principalmente i sintomi del terremoto adolescenziale è l’estremizzazione dei conflitti, che può manifestarsi attraverso una modalità attiva o passiva:

- agito attivo: ribellione fisica e/o verbale anche violenta
- agito passivo: l’isolamento e/o il silenzio, che portano comunque con sé forti sentimenti  
  di aggressività nei confronti del mondo.

La tendenza ad esprimere con il corpo e con l’azione (o l’azione “repressa”) contenuti non esprimibili in altro modo, è una caratteristica specifica dell’adolescenza, conseguenza della difficoltà di manifestare i propri bisogni tramite pensieri e parole. Il linguaggio del comportamento può essere liberatorio quando ci si trova in uno stato di insostenibile tensione emotiva. Anche se talora questi comportamenti possono assumere caratteristiche preoccupanti bisogna tener conto che in questo periodo della vita la personalità non ha ancora una strutturazione stabile, per cui queste manifestazioni possono risolversi spontaneamente nel corso dello sviluppo. Altre volte invece potremmo trovarci di fronte a forme iniziali di patologia o di difese che potranno successivamente assumere forme conclamate e giustificano l’allerta dei genitori. Mentre l’acquisizione di identificazioni più solide e armoniche può senz’altro favorire un’evoluzione positiva, il cristallizzarsi delle condotte problematiche, a parte alcuni rari esiti clamorosi, potrebbe condurre all’organizzazione di personalità disadattive e allo sviluppo cronicizzato di  modalità di comportamento causa di disagi significativi nella vita adulta.
 

Quali sono i segnali di disagio più frequenti ai quali dover fare attenzione?


Le manifestazioni del disagio del ragazzo o della ragazza possono essere rilevati attraverso una serie di segnali (non si parla di diagnosi ma di segnali di stati di sofferenza, il cui senso e la cui rilevanza o meno vanno valutati caso per caso) dei quali di seguito elenchiamo alcuni dei più frequenti:

  • difficoltà ad affermare la propria personalità, crisi di identità (chi sono?, non mi riconosco più?);
  • conflittualità con i genitori (non riescono a capirmi, mi trattano come se fossi un bambino, invadono i miei spazi, non li sopporto più);
  • disfunzioni nell’alimentazione come eccesso o rifiuto del cibo e spesso ripercussioni sul peso corporeo (non ho fame, il cibo mi ripugna, ho sempre fame, ci sono momenti in cui non riesco a smettere di mangiare, vomito quello che ho mangiato);
  • difficoltà a riconoscere con chiarezza i propri obiettivi di vita (non so in che direzione andare, non so cosa voglio);
  • problemi scolastici (non mi importa niente della scuola, non riesco a dimostrare che sono capace, non sono intelligente);
  • sofferenze sentimentali (mi ha lasciato, nessuna/o mi vuole, chi potrebbe amarmi così come sono);
  • isolamento rispetto al gruppo dei coetanei (non ho voglia di vedere nessuno, non me la sento di uscire di casa):
  • disagio nelle relazioni con i coetanei (non riesco a parlare con gli altri, mi arrabbio con tutti, gli altri non mi considerano, nessuno mi ascolta, non riesco a farmi degli amici, non sto più bene con i miei amici);
  • disagio rispetto al proprio corpo (non mi piaccio, mi sento grasso, sono troppo alto, sono cambiato e non mi piace come sono adesso);
  • dubbi sulla propria identità sessuale (non so se mi piacciono le ragazze o i ragazzi, faccio pensieri su quelli del mio stesso sesso, ho il timore di essere gay, ho il timore di essere lesbica);
  • angosce e paure (ho paura di stare da solo, in certe situazioni mi blocco, ho paura di quello che gli altri pensano di me, ho paura di non piacere e di come mi giudicano);
  • ossessioni (ho dei pensieri che mi disturbano e che non riesco a controllare, mi lavo le mani in continuazione, accendo e spengo la luce senza motivo, etc..);
  • autolesionismo manifestato attraverso pensieri o veri e propri comportamenti (ho pensato di suicidarmi, penso di farmi del male, ho provato ad uccidermi, mi taglio, non mangio, vomito apposta, faccio cose pericolose, mi faccio, bevo);
  • somatizzazioni cioè malessere fisico per cui è stato verificata (per esempio dal medico di famiglia) l'assenza di una causa organica (mi viene spesso mal di testa, mi va a fuoco lo stomaco, ho la pelle sempre irritata);
  • rabbia e aggressività (mi arrabbio con estrema facilità, perdo il controllo, odio tutti).

 

E’ possibile aiutare un figlio adolescente in crisi?


I genitori sono gli attoniti spettatori di questo processo che si svolge sotto i loro occhi. Il sentimento prevalente è spesso quello di soffrire per il fatto di sentirsi impotenti nell’aiutare il figlio/a a superare le sue difficoltà o nell’alleviare perlomeno le sue sofferenze. Tutto questo può unirsi alla rabbia per la sensazione che sia proprio lo stesso figlio a considerare  inutile, e spesso indesiderata, la loro partecipazione a questo suo percorso.
Come abbiamo detto è sbagliato considerare i sintomi adolescenziali in un’ottica di patologia. A seconda di come si presentano ed evolvono le difficoltà ed i conflitti, è necessario valutare se vi siano le indicazioni per giustificare delle preoccupazioni oppure se considerarle come un processo fisiologico.
In quest’ultimo caso l’adolescente necessità soprattutto di essere ascoltato, considerato ed accettato nella sua individualità.
Per i genitori la difficoltà maggiore consiste certamente nel cercare di mantenere la giusta distanza, una nuova modulazione fra la presenza emotiva di cui ancora gli adolescenti fortemente necessitano (anche se in forma “fantasmatica”, una sorta di presenza “a chiamata”) ed un movimento verso il “farsi da parte”, per permetter loro di acquisire la necessaria autonomia ed identificazione. L’impegno e la fatica richiesti ai genitori in questo momento sono enormi, è perciò necessaria un’attenzione anche alle loro difficoltà e non solo a quelle del figlio. Genitori più sereni, con più strumenti di comprensione ed intervento, possono riuscire meglio nel compito di sostenere il figlio adolescente perché possa ad es. investire su nuovi legami senza sentirsi in colpa nei confronti dei propri genitori e favorire la delicata fase di negoziazione dei tempi e degli spazi da dedicare a studio, amici e famiglia.
Nel caso invece in cui la situazione sembri giustificare un livello di preoccupazione elevato, si può evidenziare la necessità di accedere ad una consulenza, che può essere risolutiva, si capisce cioè come affrontare il problema o che magari semplicemente il problema non esiste, o portare a valutare un percorso, che aiuti l’adolescente ad affrontare l’uscita dall’infanzia e l’ingresso nel mondo adulto con una maggiore conoscenza di sé e una maggiore sicurezza in se stesso.
Lo psicologo, in base alle peculiarità del caso, può ritenere utile  un lavoro  individuale con l’adolescente  o consigliare una serie di incontri cui partecipano solo i genitori, oppure coordinare i due interventi, al fine di aiutare il nucleo a trovare nuove e più funzionali modalità di relazione e comunicazione.
Bisogna poi dire che spesso il ragazzo/a non si rende disponibile personalmente alla partecipazione ad un determinato percorso e bisogna quindi valutare l’opportunità di lavorare soltanto con i genitori, alleviando la loro fatica, supportandoli nella loro funzione genitoriale in questa difficile fase di vita della famiglia, che si svolge generalmente in un momento di cambiamento anche della fase di vita personale del genitore.
 

Dr.ssa Laura Nannucci

Psicologo c/o Centro Arca Bologna                 


 

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