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I DISTURBI ALIMENTARI IN ADOLESCENZA

 

Dr.ssa Laura Nannucci - Psicologo Bologna

 

 

I disturbi alimentari in adolescenza


I DCA in adolescenza, sembrano essere un disagio tipicamente femminile considerata l’enorme differenza di prevalenza di genere, che si riscontra nell’insorgenza di questi disturbi, pur colpendo, in misura minore, anche gli adolescenti di sesso maschile.
La grande espansione ne fa comunque l’indicatore più diffuso del disagio psicologico femminile in adolescenza.
Le difficoltà che vi sottendono possono essere più o meno gravi, di conseguenza  questi disturbi possono essere collocati nell’ambito di una violenta, ma passeggera, crisi adolescenziale, oppure tendere a strutturarsi in una patologia. Come gli altri comportamenti problematici che si manifestano in adolescenza (abuso di sostanze, tentati suicidi, fughe..) segnalano la necessità di scaricare attraverso un’azione ciò che non può essere detto o pensato.
 

Dati epidemiologici


I dati provenienti dalle ricerche dimostrano che nelle società occidentali, o in quelle che ad esse si ispirano, le donne, gli uomini e persino i bambini ricercano un’immagine del corpo ideale. In tali società vari fattori socioculturali contribuiscono ad enfatizzare il valore attribuito alla magrezza (soprattutto delle donne). Gli espedienti che vengono utilizzati per raggiungerla spaziano dall’esercizio fisico (palestra, jogging etc), fino alle diete più disparate. In questi paesi si stima che il 60% della popolazione sia, o sia stato, a dieta per un certo periodo della vita. E’ probabilmente questa la ragione per  cui l’incidenza dell’anoressia e della bulimia è maggiore, ed ugualmente diffusa, nei  paesi industrializzati. Questi disturbi vengono infatti considerati dei disturbi culture-bound, ovverossia legati alla cultura.
I dati epidemiologici riferiti agli adolescenti in generale parlano di un caso ogni 200, ma prendendo in considerazione esclusivamente la popolazione femminile fra i 12 e i 18 anni, si arriva all’8 % circa. Infatti, studi recenti di prevalenza indicano su mille adolescenti femmine 3 casi di anoressia nervosa, 10 di bulimia nervosa e 70 casi di forme subcliniche che non raggiungono i criteri diagnostici dei disturbi conclamati, ma che necessitano comunque di cure e di attenzione psicologica e medica.
L’età media di insorgenza dell’anoressia nervosa è 16 anni, con dati che indicano una distribuzione con due picchi a 14 e 19 anni. Nel 15-20 % dei casi il disturbo diventa cronico e in circa la metà dei casi c’e’ un passaggio verso la bulimia nervosa che a volte i clinici interpretano come un miglioramento del soggetto. Forse anche per questa ragione per i casi di bulimia nervosa si osserva un’ età media più alta, tarda adolescenza o prima età adulta (18-22 anni), rispetto a quella dell’anoressia. La condotta alimentare disturbata persiste per diversi anni in un’alta percentuale di casi, il decorso può essere intermittente con fasi di remissione, alternate a fasi di ricomparsa dei sintomi.
La distribuzione per classi sociali è uniforme (a parte una lieve incidenza per le classi sociali più elevate nell’anoressia). L’incidenza della bulimia nervosa è significativamente più alta (a differenza dell’anoressia che non presenta questa differenza) nei grandi centri urbani rispetto ai piccoli centri e alle campagne.

Qualche dato tecnico: quali sono i criteri diagnostici che caratterizzano questi tipi di disturbi? Mio figlio/a soffre di un Disturbo del Comportamento Alimentare?

 

L’Anoressia Nervosa


L’anoressia esordisce generalmente nella prima adolescenza.  Spesso accade che una ragazza (più frequentemente, ma non è escluso che possa essere un ragazzo), solitamente descritta come molto adattata, non problematica, efficiente ed impegnata validamente nel raggiungimento degli obiettivi (soprattutto quelli scolastici), inizia una dieta, spesso a causa di un più o meno evidente sovrappeso, che però non viene interrotta una volta raggiunto un peso ragionevole. Il proposito di dimagrimento viene protratto finchè il peso non sia ben al di sotto del peso normale per età ed altezza.
La diagnosi del disturbo è possibile se la perdita di peso è superiore al 10-15%, ma il lieve dimagrimento iniziale può raggiungere percentuali del 20-30%, arrivando al 50% negli stati di cachessia.

Si può assistere ad una evoluzione a fasi:

1-    la riduzione dell’apporto di cibo si stabilisce inizialmente con lentezza, a volte di nascosto, il tono dell’umore si abbassa, la ragazza si lamenta di avere dolori gastrici e di non avere appetito;
2-    si presentano periodi in cui viene raggiunto un temporaneo equilibrio fra restrizioni alimentari e magrezza. Le richieste di mangiare da parte dei genitori hanno sull’adolescente l’effetto di rafforzare la risolutezza ed il desiderio di dominio assoluto sul proprio corpo e di indipendenza assoluta. Il rendimento scolastico può andare incontro ad un peggioramento;
3-    peggiorano l’angoscia, la tendenza alla depressione e il ritiro sociale. Compaiono condotte bulimiche (seguite da vomito autoindotto o assunzione di lassativi) alternate a fasi anoressiche.

 Oltre ad assumere cibi e bevande a basso contenuto calorico ed in modestissime quantità la ragazza può assumere pillole dimagranti e/o intraprendere condotte che portino ad eliminare anche quelle poche calorie che vengono introdotte con il cibo (come intenso esercizio fisico o vomito autoindotto).
Il pensiero del cibo è ossessivamente presente. Conosce alla perfezione il contenuto calorico di ogni genere commestibile e spesso pesa ogni cosa che mangia. Di frequente prova piacere nel cucinare per gli amici o i familiari ma la quantità di cibo che riserva per sé è spesso molto ridotta. Queste ragazze vivono nell’ossessione continuativa di ingrassare con eccessiva valorizzazione della magrezza, accompagnata da vissuti nei quali il dimagrire diventa fonte di esaltazione ed è accompagnato da un sentimento di onnipotenza e invulnerabilità.
Coloro che le stanno intorno la trovano sempre più denutrita, ma lei non se ne rende conto. Il pensiero ossessivo porta ad attivare una serie di comportamenti finalizzati,  come l’uso di diuretici, lassativi, inibitori della fame. Il corpo diventa oggetto di controllo onnipotente con una pervasività che costringe tutto l’organismo ad adattarsi con modalità che, come in un circolo vizioso, sollecitano la malattia (come la necessità da parte dell’organismo di modificare la produzione dei segnali di fame).
Tutto ciò avviene nel corso di parecchi mesi, spesso anni, e talvolta nei casi più gravi può proseguire fino a condurre purtroppo alla morte.

Il DSM-IV, Manuale Statistico dei Disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association descrive così le caratteristiche necessarie alla diagnosi del disturbo:

A.    Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l'età e la statura (per es. perdita di peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto dell'85% rispetto a quanto previsto, oppure incapacità di raggiungere il peso previsto durante il periodo della crescita in altezza, con la conseguenza che il peso rimane al di sotto dell'85% rispetto a quanto previsto).

B.    Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso.

C.    Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso.

D.    Nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi (una donna viene considerata amenorroica se i suoi cicli si manifestano solo a seguito di somministrazione di ormoni, per es. estrogeni).

Si distinguono due sottotipi del disturbo:


•    Con Restrizioni: nell'episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto non ha cioè presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
•    Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione: nell'episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto ha presentato invece regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).

Questi comportamenti possono portare nel tempo a gravi carenze nutrizionali,  alterazioni organiche e metaboliche (a causa del digiuno prolungato), che depredano l’organismo della propria energia e provocano un graduale deterioramento fisico. Nell’evoluzione psicopatologica dell’anoressia è possibile rilevare a volte disturbi fobici o di personalità. Possono associarsi poi altri comportamenti autolesionistici, depressione, perdita dell’interesse sessuale, ossessività, isolamento sociale: aspetti che tendono a peggiorare parallelamente al calo ponderale e ad estinguersi con la normalizzazione del peso corporeo.

 

La Bulimia Nervosa


La sofferenza bulimica è meno evidente all’osservatore esterno perché non è presente il marcato sottopeso che è presente nell’anoressia. E’ un disturbo “nuovo” nel senso che è stato classificato solamente  all’inizio degli anni 80 e quindi diagnosticato solo a partire da quella data.
In questo disturbo i tratti prevalenti sono l’ossessione e la preoccupazione per il cibo  (come per  l’anoressia) intervallati dalla spinta irrefrenabile verso di esso. Questo porta l’adolescente che ne soffre ad attraversare periodi di restrizioni e diete alternati a periodi di abbuffate seguiti dal vomitare ciò che ha ingerito o dall’”eliminarne le conseguenze sul corpo” attraverso una serie di condotte specifiche (vedi sottotipo “con condotte di eliminazione”).

Tipicamente le ragazze bulimiche fanno incetta di cibo, lo sottraggono dalle scorte di casa, lo conservano nei luoghi più segreti e lo consumano in solitudine con voracità distruttiva. All’abbuffata segue un temporaneo sollievo dell’ansia e poi un enorme senso di colpa.
L’abbuffata compulsiva nella bulimia è infatti sempre associata a sentimenti di frustrazione e di impotenza. L’adolescente prova un forte senso di disgusto per il proprio comportamento che può assumere espressioni talmente incontrollate che a volte vengono ingeriti cibi bollenti o ancora surgelati provocando ustioni o rotture dei denti incisivi.

La Bulimia, caratterizzata come abbiamo visto dalla sensazione di perdita di controllo nelle abbuffate e della persistente preoccupazione per la forma e peso del corpo, a volte può essere preceduta da sintomi depressivi. Può associarsi inoltre a comportamenti impulsivi e autodistruttivi, come il tentativo dell’adolescente di ferirsi (provocandosi tagli e bruciature) o abusare di alcool e droghe.
Il  criteri diagnostici definiti dal DSM-IV, Manuale Statistico dei Disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association sono i seguenti:

A. Ricorrenti abbuffate. Una abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti:
 
1) mangiare in un definito periodo di tempo (ad es. un periodo di due ore) una
    quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle 
    persone mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili;
2) sensazione di perdere il controllo durante l'episodio (ad es. sensazione di non
    riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).

 B. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di
     peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri
     farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.

 C. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno
     due volte alla settimana, per tre mesi.
 
D. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei.
 
E. L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia  
    Nervosa.
 
Sottotipi:
 
Con Condotte di Eliminazione: nell'episodio attuale di Bulimia Nervosa il soggetto ha presentato regolarmente vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.
Senza Condotte di Eliminazione: nell'episodio attuale il soggetto ha utilizzato regolarmente comportamenti compensatori inappropriati, quali il digiuno o l'esercizio fisico eccessivo, ma non si dedica regolarmente al vomito autoindotto o all'uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.

La bulimia nel tempo può provocare gravi carenze nutrizionali, associate alle conseguenze dirette delle condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso di lassativi) quali: deterioramento della dentatura, esofagite, carenza di potassio ed altri minerali che nei casi più gravi possono purtroppo essere causa di arresto cardiaco.
 

Quali possono essere le cause?


Non esiste una teoria unitaria esaustiva sull’eziopatogenesi dei disordini alimentari. Il modello più utile è quello che descrive il disturbo come l’espressione finale di interazioni, di volta in volta diverse, fra forze ed eventi molteplici. 


Vengono presi principalmente in considerazione, a seconda delle varianti situazionali: un senso di personale inefficacia, difficoltà nella separazione e di relazione con il genitore, intensa paura di diventare fisicamente ed affettivamente adulti, tendenza al perfezionismo.

I DCA esordiscono più di frequente nella fase adolescenziale a causa della sua inaspettata e incontrollata esplosione di cambiamenti fisici, sociali, psicologici e sessuali.

Gli eventi precipitanti esterni, da cui ha inizio il disturbo, sono stati identificati in  quelle situazioni in cui la persona si trova a confrontarsi con separazioni, perdite, cambiamenti traumatici dell’assetto familiare, esami, pressioni da parte del gruppo dei pari, malattie fisiche. Questi scenari, caratterizzati da sensazioni di vulnerabilità, solitudine e difficoltà di relazione, sono situazioni che non sempre si riescono a sopportare e a superare in modo corretto. I sintomi dei DCA infatti esprimono una sofferenza interiore che non trova altri canali di comunicazione. Questa autodistruzione spesso infatti esprime la necessità di lanciare un messaggio.
Una situazione tipo:  un adolescente con scarsa autostima, compiacente e perfezionista subisce uno stress o una perdita che riguarda l’ambiente familiare o il gruppo dei pari. Questo evento sovraccarica un momento già caratterizzato dalle normali richieste fisiche ed emotive proprie della fase adolescenziale, nella quale il corpo viene percepito come pericoloso e fuori dal proprio controllo. La difficoltà di elaborare la situazione a livello mentale può portare quindi allo sviluppo di condotte compensative.
 

Le dinamiche interiori

 
Per distinguere i due disturbi potremmo descrivere alcune caratteristiche specifiche delle dinamiche che spingono le ragazze/i anoressici o bulimici a perpetrare i comportamenti.
E’ stato osservato che gli equilibri che la ragazza/o anoressica cercano di raggiungere tramite il controllo del cibo e della fame mirano al superamento di ogni forma di dubbio, di debolezza e di conflitto (che sono invece parte della dimensione umana).
Il desiderio centrale è quello di non avere bisogni, questo dovrebbe rendere perfetti e liberi da qualsiasi forma di “ricatto” o “attrattiva” da parte dell’ambiente. 
Le origine evolutive dell’anoressia nervosa sembrano derivare da una condizione per la quale, le bambine/i prima e le  ragazze/i poi, non imparano ad identificare i propri stati interiori e faticano a raggiungere un’adeguata autonomia. La bambina piccola a causa di questa carenza di fiducia in sé e nei propri mezzi, cercherà di essere perfetta così che la madre non la abbandoni, ma l’assunzione di questo ruolo porterà nel corso degli anni a sentimenti di risentimento e quindi ad una ribellione totale, tramite la quale la ragazza cerca di affermare  in qualche modo il suo vero sé per lungo tempo sopito. Ma questo viene purtroppo realizzato tramite il rifiuto del cibo che rappresenta il tentativo di negare il proprio bisogno della madre e del suo nutrimento, di cui si è in realtà molto avidi, affermando cosi la propria autosufficienza  tramite il controllo ossessivo della propria alimentazione e del proprio peso. La propria intensa avidità, il cui controllo rappresenta la vittoria dell’anoressica, essendo come tale inaccettabile, viene attribuita invece ai genitori che in effetti, in risposta al rifiuto della figlia di mangiare, diventano ossessivi perché questa mangi: adesso sono loro che hanno tali desideri. Qualunque atto di ricevere cibo o amore mette le ragazze direttamente a confronto con i propri bisogni, che loro sentono corrispondere alla perdita dell’autonomia, e le mettono di fronte alla loro dipendenza: per cui la soluzione sta nel non ricevere niente da nessuno.
 
L’anoressia e la bulimia sono comunque facce della stessa medaglia (a volte si assiste al passaggio da un disturbo all’altro) distinte fondamentalmente dal livello di rigidità e di controllo che l’adolescente subisce ed esercita sul cibo: nella ragazza bulimica le spinte ad abbuffarsi hanno superato ed eroso i meccanismi difensivi ben presenti nella ragazza anoressica.

Chi vive gli impulsi bulimici è più a contatto con i propri vissuti di vuoto profondo causati dall’avidità insoddisfatta. Nei momenti in cui questi vissuti sono più presenti, la ragazza (o molto più raramente il ragazzo) è spinta ad ingerire enormi quantità di cibo nel tentativo disperato di riempire questo vuoto. La sensazione di pienezza provocata dal cibo rappresenta un tentativo estremo di accaparrarsi tutto l’amore del mondo: ogni boccone assume il significato di una richiesta d’aiuto, di una domanda d’amore, una domanda senza fine che sfocia nelle abbuffate. Successivamente si rende conto di aver riempito solo il corpo e allora il cibo ingerito diviene presto un pieno intollerabile. Liberarsi del cibo si associa (al pari del rifiuto del cibo della ragazza anoressica) ad una sensazione di onnipotenza, di controllo sulla realtà, controllo di cui si necessita per supplire proprio alla sensazione di non averlo o di stare pericolosamente per perderlo. Per inquadrarla in termini evolutivi sembra che nella storia di queste ragazze si evidenzi la difficoltà a separarsi dalla madre: l’ingestione di cibo rappresenta il desiderio di fusione simbiotica con la madre e l’espulsione di cibo un tentativo di separarsi da lei. Cercando di mantenere un controllo sul cibo si esercita la sensazione di mantenere un controllo sulla propria identità che si ricerca ma che allo stesso tempo si percepisce come molto difficile da integrare.
 

Quale cura o percorso?


Senza prescindere dalla consapevolezza che questi disturbi spesso necessitano di un accompagnamento medico-specialistico (a volte si rende necessaria l’ospedalizzazione per il ripristino degli equilibri elettrolitici ed il recupero delle funzioni vitali), si può senza dubbio affermare che il trattamento elettivo dei DCA è soprattutto la psicoterapia. Da alcuni studi controllati il trattamento di elezione è risultato essere quello che integri la psicoterapia e l’assunzione di farmaci antidepressivi e ansiolitici, ma è stato altresì dimostrato sperimentalmente che i farmaci non hanno efficacia a lungo termine se non accompagnati dal trattamento psicoterapeutico. Separando i due tipi di intervento, psicoterapeutico e farmacologico, è il primo che risulta avere la prognosi nettamente migliore.
 

Il percorso terapeutico


L’obiettivo della terapia, quando si lavora con adolescenti che manifestano un disturbo dell’alimentazione, è quello di trovare le ragioni nascoste dietro al sintomo. L’elemento che rende articolata la cura con queste ragazze è la contraddizione fra il rifiuto del corpo da un lato e la concentrazione ossessiva su di esso dall’altro, che inganna gli adulti che se ne prendono cura, inducendoli a concentrarsi sugli aspetti del peso e del comportamento alimentare e facendo rimanere così in secondo piano i sentimenti e gli affetti. E’, molto probabilmente, per questa ragione che le adolescenti in genere rifiutano o diffidano dell’aiuto offertogli presagendo che lo scopo sia quello di “farle ingrassare”. E’ necessaria in questi casi una forte competenza specialistica, che permetta all’esperienza di approfondire le aree che vengono opportunamente mascherate ed evitate dalla ragazza, pena il fallimento terapeutico.
Se la forma è avanzata è necessario un lavoro di equipe che comprenda le figure di medico, psichiatra, nutrizionista, endocrinologo etc. Fra queste figure professionali, lo psicologo clinico assume un ruolo particolarmente delicato in quanto chiamato a identificare le cause remote dei sintomi. Bisogna tenere presente che la guarigione, anzi il cambiamento che porta alla guarigione, avviene  infatti soprattutto tramite la modificazione del mondo psicologico dell’adolescente. 
 

L’obiettivo dei colloqui


Attraverso una buona relazione terapeutica e la ristrutturazione dei modelli relazionali, il cibo e il corpo vengono a perdere il loro valore simbolico di catalizzatore delle emozioni.
I colloqui mirano ad avvicinare l’adolescente al proprio mondo interno in un clima di accoglimento e di comprensione che permetta di cogliere il proprio modo di essere in rapporto con gli altri, e di liberare le energie (imprigionate in digiuni o abbuffate) impiegandole in investimenti più creativi capaci di rimettere in moto la vita psichica.
Attraverso continui confronti con il proprio Sé più autentico, per gli adolescenti anoressici e bulimici è possibile ritrovare il contatto con le emozioni e i sentimenti più profondi e nascosti. In alcuni casi, successivamente, può essere  consigliabile un percorso in un gruppo monosintomatico, con ragazzi, quindi, che abbiano condiviso la stessa sofferenza, allo scopo di liberarsi dall’isolamento e ritrovarsi in una sfera affettivo relazionale di apertura al mondo.
 

Coinvolgimento e supporto alla famiglia


E’ inoltre molto importante collaborare con la famiglia che affronta quotidianamente tale disagio. L’obiettivo è quello di aiutare a promuovere una distanza appropriata fra le generazioni e stimolare una realizzazione personale dell’adolescente. Non meno importante è l’aiuto ai genitori che si trovano ad essere spettatori, con grandi sentimenti di impotenza, frustrazione inutilità e rabbia, del processo autodistruttivo della figlia, la quale sembra consumarsi lentamente sotto i loro occhi. 
I genitori che si rivolgono allo specialista spesso chiedono aiuto su quali siano i comportamenti più adeguati da tenere, oppure se esiste una spiegazione logica e razionale a queste manifestazioni. Essi combattono quotidianamente (come gli specialisti coinvolti) con il problema più complesso: la resistenza, da parte delle ragazze anoressiche e bulimiche (anche se per queste ultime in misura minore) a raggiungere la consapevolezza del disturbo. Questo obiettivo si può raggiungere attraverso il percorso terapeutico che affronta prioritariamente il problema della consapevolezza e porta ad una conseguente ristrutturazione dei legami familiari. Questi ultimi peraltro sono di fondamentale importanza in quanto risulta evidente che l’analisi delle relazioni familiari e l’aiuto che è possibile fornire ai genitori nel riappropriarsi del proprio ruolo in termini di protezione e di affetto, siano una parte integrante dell’intervento psicologico di queste forme di disagio.
Il percorso può essere attuato in diverse modalità, anche a secondo delle caratteristiche specifiche della situazione. Oltre al percorso individuale della ragazza/o, si rende utile in molti casi affiancare colloqui in cui tutti i componenti della famiglia siano presenti. Questi è un punto cruciale della psicoterapia con gli adolescenti che presentano disturbi del comportamento alimentare, utile per sciogliere i nodi relazionali e favorire la comunicazione fra i membri della famiglia. Spesso i DCA scaturiscono da dinamiche interpersonali che si incastrano con quelle intrapsichiche (particolarmente complicate in adolescenza) scatenando il disturbo.
Ulteriormente si è dimostrata estremamente benefica e rassicurante, per i genitori, la partecipazione a gruppi dove siano presenti genitori che hanno in comune la stessa  problematica alimentare del figlio, al fine di condividere i dubbi, trovare risposte nuove, comprendere il vissuto dell’adolescente, il suo sviluppo e le sue modalità relazionali. I genitori vengono aiutati a riconoscere eventuali manifestazioni di disagio, identificandone i fattori di rischio, e a sviluppare tecniche comunicative più efficaci. Anche i genitori hanno bisogno di un luogo dove sentirsi accolti e compresi, senza sentimenti di colpa, un luogo in cui condividere il senso di impotenza e di fallimento che producono i messaggi contraddittori dei figli.


Dr.ssa Laura Nannucci
Psicologo c/o Centro Arca - Bologna
   


 

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