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I DISTURBI DI PERSONALITA' 
 

Dr. Massimo Ventura - Psicologo Psicoterapeuta Bologna
 

Sotto la dicitura "Disturbi di personalità", secondo le più note nomenclature usate in psichiatria - DSM IV TR e ICD 10, alla cui consultazione rimando il lettore più tecnicamente interessato - vengono normalmente riuniti tutti quei disturbi, di tipo psicologico e psichiatrico, dai contorni sfumati e non ancora precisamente definibili, che interessano principalmente il mondo interpersonale e relazionale dei soggetti che ne sono affetti.
A differenza, infatti, di quadri sindromici più definiti, come quelli di Nevrosi e Psicosi, che implicano sempre una certa quota di sofferenza personale e che quindi per questo motivano poi la richiesta di aiuto clinico, il disturbo di personalità fa parte integrante della personalità, appunto, del soggetto, viene, cioé, percepito - o non percepito, potremmo paradossalmente dire - dallo stesso come "egosintonico" (letteralmente: in sintonia col proprio modo di essere).
A motivo di ciò il disturbo di personalità (da qui in avanti DDP) non viene, a livello di visione introspettiva, identificato come problema o causa del problema, nemmeno in forma di sintomi disturbanti, ed ecco, quindi, perché, in caso di richiesta di aiuto psicologico, il soggetto non sarà in grado di riportare un effettivo problema di malessere psicologico o psicofisico ma lamenterà, il più delle volte, un diffuso, indefinito senso di malessere generale, concentrato per lo più nell'ambito delle relazioni con il mondo esterno.
Una metafora che mi piace usare in questo senso mi viene dal mondo dei computer: il miglior virus informatico è quello che riesce ad inserirsi e "girare" all'interno di un "sistema" senza che le difese di quest'ultimo riescano a distinguerlo dai normali programmi di routine.
In questo modo "l'errore" di cui il virus è portatore non verrà identificato durante lo svolgimento del programma in questione ma se ne vedranno certamente gli effetti sui risultati che il "sistema" dovrebbe raggiungere a livello esterno. Come può fare ad esempio un bug nel vostro programma di scrittura che mandi in tilt la vostra stampante e vi restituisca anziché lo scritto su cui avete lavorato per ore, un foglio pieno di segni indecifrabili.
Partendo da queste premesse, a livello clinico avremo dei soggetti - mai dimenticare che si ha a che fare non con etichette nosologiche ambulanti ma con persone che hanno una vita e che cercano di portarla avanti, nonostante percepiscano in essa qualcosa di indefinito che sembra impedirglielo - che porteranno in consultazione un più o meno diffuso malessere nei rapporti con se stessi e con gli altri ma con la netta e chiara convinzione che sia qualcosa nella relazione con l'ambiente che non va, che ce l'ha con loro o che semplicemente, se va, non va come dovrebbe e se ne vede il risultato immancabilmente, nell'ambito del lavoro, dell'economia o delle relazioni più o meno intime.
Provando a semplificare ulteriormente - ma solo perché sia chiaro il concetto che qui si intende esporre - e prendendo spunto dalla letteratura, se il nevrotico, quindi, alla Poe, per intenderci, percepisce che il problema che ne limita l'esistenza si trova "dentro" di lui, non nel mondo esterno, e lo psicotico, alla Lovecraft, concepisce al contrario un indefinito altrove o entità di un altrove che lo angosciano e lo controllano, mentre il proprio mondo interno gli appare sensato e dotato di una sua logica, per quanto soggettiva, il soggetto con DDP avrà la sensazione soggettiva che il proprio mondo interiore di per sé funzioni, che anche il mondo esterno di per sé funzioni, ma che per qualche motivo "che non si riesce a capire" - ed è su questo punto che scatta eventualmente la richiesta di aiuto - è l'interazione tra questi due "mondi" che non avviene, che non s'incastra in maniera soddisfacente o almeno sufficiente da garantire una certa relativa tranquillità.
Ma di che cosa è fatto un DDP?
Fondamentalmente degli stessi tratti di carattere della persona che ne è affetta, tratti di carattere che però hanno invaso, per così dire, il suo modo di essere, che non vengono più arginati da quella sorta di capacità di auto contenimento che tutti dovremmo più o meno possedere e che dovrebbe essere collegato al nostro esame di realtà, alla nostra capacità, cioè, di tenere aperti gli occhi sul reale, non su ciò che noi riteniamo essere, o vorremmo fosse, il reale che ci circonda.
Tratti che hanno il colore di emozioni intense, il chiarore abbacinante di un vuoto emotivo che non si riesce a colmare, o al contrario contengono l'incolore necessità di allontanare ogni emozione che venga a turbare la quiete interiore; la luminosità di un modo di essere che "gli altri" non comprendono o l'oscurità protettiva e rassicurante di quella nicchia di penombra dove possiamo ritirarci e dove il mondo esterno non possa raggiungerci.
La gravità, ovvero la capacità di essere invalidante di un DDP, non si pone come dimensione quantitativa di sintomi - un'angoscia più o meno intensa, una fobia più o meno invalidante - ma come dimensione qualitativa dei sintomi. Il loro essere in un certo senso "terra di mezzo" nell'ambito delle psicopatologie è dovuto proprio al fatto che a queste sindromi possano appartenere sia sintomi di tipo nevrotico che di tipo psicotico e che i due tipi di sintomi possano essere compresenti.
Difficile quindi darne un quadro generale, che non sia un puro elenco di nomenclature con le rispettive caratteristiche sintomatologiche. Più accessibile, semmai, non più facile - almeno per chi scrive - approcciarsi al singolo caso, al singolo e specifico tipo di disturbo, meglio, al singolo soggetto portatore di uno specifico tipo di disturbo, poiché chi scrive ritiene che quel certo tipo di DDP debba essere calato nella specifica storia biografica del soggetto che ce ne parla.
Le dimensioni costitutive di un DDP risultano essere ancora tanto magmatiche da non potersene dare un quadro effettivo se non nello specifico, quadro che poi solo nella specifica singolarità vale, poiché, come clinici importanti hanno espresso, e chi scrive condivide l'idea, i DDP sono caratterizzati da una "stabile instabilità".
Negli articoli che seguiranno tenterò di dare un quadro per quanto possibile esaustivo, pur dovendo essere esemplificativo, dei più noti DDP, per quello che la mia esperienza clinica mi ha dato di incontrare finora.

Dr. Massimo Ventura 
Psicologo Psicoterapeuta c/o Centro Arca Bologna
 


 

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