|
|
|
TERAPIA DI COPPIA
Dr.ssa Laura Nannucci - Psicologo Bologna
La terapia di coppia è un percorso terapeutico che differisce dal percorso individuale in quanto l’oggetto del quale la terapia si occupa è la coppia che si configura come una realtà “terza” rispetto alle somma delle singolarità degli individui che la compongono. A prescindere dalle difficoltà personali che possono emergere in un percorso di coppia, e che, qualora se ne evidenzi la necessità, necessitano di essere prese in considerazione all'interno di percorsi individuali, le problematiche di coppia che generalmente richiedono attenzione riguardano: mancanza di comunicazione, difficoltà nel gestire emozioni come rabbia e gelosia, divergenze di opinioni o insoddisfazione nella gestione della vita coniugale o dei figli, eventi passati o presenti che si ripercuotono negativamente sulla vita di relazione dei partners (infedeltà, difficoltà finanziarie, aspettative deluse, etc..), problemi sessuali.
La psicoterapia di coppia non è utile soltanto alle coppie con problemi relazionali gravi, bensì può essere conveniente e costruttiva anche per quelle coppie che percepiscono un rischio al buon andamento della relazione, problemi che generano insoddisfazione, e che desiderino prevenire crisi più profonde.
La durata della terapia è variabile e dipende dalle problematiche specifiche. Possono essere sufficienti poche sedute per intervenire su determinati problemi relazionali transitori, mentre occorre più tempo per trattare difficoltà che si radicano profondamente e si ripercuotono gravemente nelle dinamiche della vita del rapporto di coppia ed eventualmente della famiglia.
Anche il tipo di motivazione può cambiare il tipo di approccio che si decide di utilizzare e di conseguenza l’invio, la profondità e la durata del percorso. E’ nei primi 2-3 incontri che il terapeuta realizza una valutazione dei problemi fondamentali, delle aspettative e del tipo di intervento più idoneo.
Nella terapia di coppia ad indirizzo psicoanalitico lo strumento cardine é l'interpretazione e ha come obiettivo la modificazione delle relazioni interne. La sua particolarità è la comprensione dell’uso reciproco dell’altro per regolare il proprio equilibrio, cioè come l’agire dell’uno per far reagire l’altro crei un ambiente con finalità riparative o ripetitive di dinamiche relazionali interne. Tramite la comprensione dei significati profondi "dietro" la narrazione di fatti del presente e del passato, fantasie o sogni riportati, e del tipo di relazione che s’instaura con e tramite il terapeuta fra i coniugi e fra i membri della triade (coniugi e terapeuta), propone una riattivazione e perciò una lettura di quello che anche inconsapevolmente sta accadendo nella coppia e delle possibili risorse da utilizzare.
Nel percorso ad indirizzo sistemico relazionale, si analizzano i conflitti per comprenderne la natura, per risolvere i problemi e per ascoltare e migliorare le dinamiche comunicazionali. Nel procedere del processo terapeutico, attraverso l’utilizzo del racconto, delle immagini, e di strumenti peculiari dell’approccio relazionale (genogramma narrativo, genogramma fotografico, collage, giochi relazionali in seduta e a casa) la coppia lavorerà sugli aspetti fondamentali delle dinamiche coniugali attuali, sulla storia trigenerazionale personale e di coppia, e sui fattori dell’organizzazione di personalità individuale che influiscono nelle dinamiche relazionali (ed educative nel caso la coppia viva la dimensione genitoriale).
La frequenza è generalmente di una volta alla settimana nel primo periodo e successivamente a cadenza quindicinale, strutturandosi poi a seconda del grado di conflittualità e delle resistenze presenti.
Quando i membri di una coppia richiedono l’intervento di uno psicoterapeuta è frequente che Inizialmente uno dei due si presenti più motivato dell’altro. La fiducia e la partecipazione di entrambi è un indice predittivo di rilievo ma può migliorare nel corso del percorso. Spesso già a partire dalle prime sedute si possono osservare cambiamenti negli atteggiamenti e negli stati d’animo dei partners. A volte le psicoterapie di coppia derivano da una prima consulenza individuale. Anche nel caso in cui però uno dei due membri non fosse disposto a partecipare, una psicoterapia individuale seguita con continuità può produrre cambiamenti costruttivi all’interno della relazione.
UN CASO DI TERAPIA DI COPPIA
(Naturalmente i nomi e qualunque altro riferimento personale è stato modificato in modo da rispettare la privacy delle persone rendendole del tutto irriconoscibili).
Andrea e Sascia arrivano in studio dopo una telefonata di A che mi chiede un appuntamento. Sembra lui infatti il più preoccupato dei due. Ritiene che la loro situazione sia grave: descrive come l’atmosfera in casa sia irrespirabile e come S stia mettendo in forte difficoltà sia la loro relazione che (e soprattutto) la figlia Nadia, con i frequenti e repentini scatti di rabbia e aggressività che si manifestano sempre più spesso e in maniera sempre più violenta. Dice di essersi rivolto a me perché non sa cosa fare, ha pensato anche più volte alla separazione. Racconta che S da qualche tempo è sempre più intrattabile: aggredisce e offende lui e la bambina per qualsiasi “banalità”, piange e urla per un nonnulla e lui, oltre che sotto una terribile pressione, si sente assolutamente inerme e inutile. Dice anche di aver quasi “costretto” S a venire, è tempo che insiste per convincerla a tentare questa strada ma solo ora è riuscito a “portarla”.
S inizialmente dice che lei in effetti non sarebbe voluta venire e che A “oltre ad esagerare come sempre” la fa sentire la colpevole della situazione ed è soprattutto questa la ragione della sua reticenza: non vuole sentirsi “puntare il dito addosso come al solito”. Mentre mi descrive il suo punto di vista entra più in contatto con le sue emozioni e piangendo si lascia andare: è lei “la vittima”, nessuno in casa la ascolta, si sente sola e non considerata, A non condivide niente con lei. Entrambi sono molto in difficoltà: A è teso e spaventato, S è triste e ansiosa.
Dico ad entrambi che ho bisogno di un po’ di tempo per conoscerli più a fondo, per conoscere più dettagliatamente la situazione attuale e la loro storia. Vedendoli molto spaventati li rassicuro spiegando che generalmente il fatto di essersi concessi di venire allevia, almeno momentaneamente, la tensione e che quindi possiamo permetterci di attendere fino al nostro prossimo incontro.
L’esigenza di coinvolgere un terzo nel proprio scenario coniugale può farsi portatrice di bisogni regressivi di dipendenza, il terapeuta può essere rappresentato dalla coppia come colui che assolve funzioni di arbitrato, di giudizio al quale affidare il compito di dirimere le posizioni e indicare la direzione di marcia.
Si tratta di un transfert precostituito, che precede il transfert inteso come riattualizzazione nella relazione terapeutica della configurazione oggettuale interna.
La volta successiva vengono effettivamente meno “carichi”. Questo consente di poter finalmente “sederci insieme” e approfondire la situazione
Quello che emerge dalle prime sedute è la loro situazione attuale. In casa la situazione è al limite. S, che si occupa della casa e della bambina, è in difficoltà nella gestione delle attività quotidiane. Vorrebbe che tutto fosse “perfetto” ma si accolla una quantità di responsabilità e di compiti che non permettono che questo sia possibile. Per lei N non s’impegna a sufficienza a scuola e A è esclusivamente interessato a realizzare i desideri di N trattandola come una bambina piccola e non permettendole di crescere, mentre nel contempo è completamente disinteressato a lei. Invece di ascoltarla scappa. La loro intimità è completamente assente da diversi mesi.
A dal canto suo sente di dover proteggere la bambina, a suo parere inconsapevolmente ma fortemente maltrattata dalla madre che le richiede un altissimo e inadeguato livello di prestazione in tutto, pretende di gestire qualsiasi ambito in maniera dittatoriale impedendole di esprimere la propria personalità e non accogliendo i suoi bisogni emotivi. Anche nei propri confronti sente una forte aggressività (“Spesso quando torno a casa sento S urlare e vedo N che piange e fa fatica a respirare dall’ansia. Non posso dire niente altrimenti S comincia a piangere e a inveire anche contro di me ma non posso vedere N in quelle condizioni e non riesco a reggere il livello di tensione, allora me ne vado sbattendo la porta anche se estremamente in ansia e preoccupato per quello che può succedere a casa.”) Anche quando è al lavoro A spesso chiama a casa per verificare che tutto vada bene. Dice che S non va d’accordo con nessuno, ha sempre qualcosa da ridire su tutti e usa modi molto secchi e sgarbati con la gente, con il risultato di litigare on vicini di casa, maestre, le altre mamme della scuola e si ritrova sola. Lamenta inoltre una mancanza totale di contatto fisico (“mi basterebbe una carezza o il prendersi un attimo la mano”).
Nello svolgersi dei primi colloqui mi rendo anche conto che l’intensità delle emozioni di S deve essere presa in seria considerazione. Anche S sente il bisogno di essere aiutata da qualcosa che la sostenga nell’immediato, mi sento perciò di consigliarle di fare un consulto durante il quale le viene prescritto un blando antidepressivo.
Nelle settimane successive la tensione è sensibilmente calata perciò possiamo permetterci di spostarci dal presente (un po’ meno urgente) alla loro storia di coppia.
Si sono conosciuti 13 anni fa, si sono innamorati e S (che era nata, viveva e lavorava in Russia) si è trasferita dopo 2 anni per convivere con A. I primi anni sono sereni, intensi e la sessualità è soddisfacente. A è attratto dalla passionalità, dal carattere esplosivo e dalla solarità di S, mentre S sceglie nel suo compagno la dolcezza, la disponibilità e l’affidabilità.
I primi problemi nascono dopo la nascita di N e i due coniugi (che non riescono a focalizzare il momento di rottura) si ritrovano dopo qualche anno dalla nascita della bambina nella situazione che descrivono e che diventa più difficile man mano che S si sente sempre meno ascoltata e A sempre più aggredito.
Fino a questo momento, all’inizio di ogni seduta si presenta sempre la stessa situazione: S è convinta che le cose siano andate meglio dalla volta precedente mentre A si permette solo in mia presenza di esprimere le sue rimostranze rispetto a come S abbia messo lui e N in difficoltà. S non è consapevole dell’impatto che il suo tono di voce e l’atteggiamento autoritario hanno su A, anche perché lui non si permette di mostrare il suo disappunto o di contraddire S se non durante la seduta. Viceversa A ammette che S non manifesta più esplosioni di rabbia violente come prima e S afferma che A “fugge meno spesso” dandole la sensazione di poter affrontare in maniera “più adulta” la situazione.
Dopo 7-8 sedute la tensione a casa è consistentemente calata. La percezione di avere uno spazio dove potersi confrontare, la consapevolezza del coinvolgimento e impegno reciproco che si dedicano nel venire e nel darsi segnali di avvicinamento permettono di rilassarsi e di ascoltarsi.
Chiedo dunque ad A e a S di raccontarsi dettagliatamente l’un l’altro la propria storia. Dedichiamo una seduta intera ad ognuno di loro perché possano parlare delle proprie origini e dei propri ricordi, contando sull’ascolto e l’attenzione dell’altro nel contesto rassicurante del colloquio.
S ci racconta una dolorosa storia di abbandoni. Il padre se n’è andato quando lei e il fratellino erano molto piccoli, e il secondo marito della madre qualche anno dopo. Dalla coppia nel frattempo era nato un altro figlio. Da quel momento si avvicendano come meteore più figure maschili che però non hanno alcun peso nella vita familiare di S. La madre infatti non accetta più di convivere con nessun uomo, si trova un lavoro e si rende autonoma (anche la nonna aveva dovuto contare sulle proprie forze a causa della morte del marito). Per fare questo però deve iscrivere i figli in una scuola a tempo pieno dove loro trascorrono la maggior parte della settimana, notti comprese. Qua le viene impartita un’educazione inflessibile e senza affetto. Qualche anno dopo l’entrata nella adolescenza S deve occuparsi della casa e trovarsi un lavoro oltre che fare da mamma ai suoi 2 fratelli più piccoli che da quel momento si avvicendano fra scuola e casa. Dai racconti di S si evince come la madre sia pragmaticamente presente ma anche come non ci sia spazio per i sentimenti che vengono vissuti come segno di debolezza e intralcio alla sopravvivenza. A conosce S quando lei si è già resa indipendente dalla famiglia di origine, dalla quale si separa dopo la maggiore età, lavora in un negozio in società con un uomo più anziano che è anche il suo amante (è sposato e ha figli).
Il suo rapporto attuale con la madre è altamente conflittuale. La sente raramente e le poche volte che questo succede le provocano un altissimo disagio.
Faccio notare ad entrambi quanto S richieda anche a sé stessa e non solo agli altri, un alto livello di prestazione e di quanto spesso non sia soddisfatta di quello che fa. Questo provoca un forte senso di disagio che la porta a sensi di colpa e vissuti depressivi.
Riusciamo a focalizzare quanto dalla storia di S si capisca la sua necessità a essere emotivamente “vista” da una figura maschile che le è totalmente mancata ma anche nel contempo di quanto nel suo modello di relazione familiare e di coppia la donna necessiti di essere autoritaria e autonoma per sopravvivere.
A è invece evidentemente terrorizzato dai comportamenti aggressivi della moglie che gli evocano la difficoltà vissuta nell’infanzia e gli fanno percepire una condizione di pericolo rispetto alla quale si difende con la modalità di sempre: la fuga.
Nel percorso terapeutico queste dinamiche emergono e necessitano di essere rielaborate varie volte ma nello svolgersi e nel fare esperienza a casa di quanto evidenziato durante gli incontri S e A mostrano gradualmente un maggiore avvicinamento e una maggiore empatia.
Quando S esplode nei, più rari, momenti di collera, A sembra riuscire a collegare queste crisi momentanee con la fragilità di S, a percepirli sempre meno come un attacco personale e a rendersi più disponibile all’ascolto. Questo circolarmente porta S a sentirsi più accolta e a sentire sempre meno il bisogno di ripetere il modello di relazione vissuto da piccola perché viene meno la necessità di autoproteggersi e la sensazione che A le sia più vicino la rende meno fragile ed esposta alle ripercussioni ed emozioni interne del suo vissuto infantile.
Nel corso della terapia questo è diventato sempre più radicale e consapevole. L'esperienza ripetuta di poter vivere in maniera diversa i conflitti e di poterli risolvere ha portato ad una comunicazione e gestione diversa di tutta la dinamica familiare. Anche la figlia ha beneficiato notevolmente il questa nuova vita relazionale della coppia dei genitori. Ha acquisito man mano sempre più sicurezza di se e questo l'ha aiutata ad esprimersi come adolescente sociale, integrata in diversi gruppi relazionali.
Abbiamo man mano diradato le sedute terapeutiche fino a che non è stato ritenuto che le loro risorse di gestire le avversità e i confronti quotidiani autonomamente , fosse potenzialmente sufficiente.
Ci siamo salutati con l'indicazione e la promessa che per qualsiasi problema che fosse risultato insormontabile, io sarei stata presente per qualsiasi necessità di ripresa.
Ho incontrato A casualmente dopo 2 anni dalla conclusione della terapia. Sono rimasta molto soddisfatta di cosa mi ha raccontato, sul come hanno strutturato la loro relazione. Sono molto cresciuti come coppia e i confronti (indispensabili nella coppia e non più vissuti come conflitti irrisolvibili) sono diventati una modalità di evoluzione e di crescita relazionale ed individuale.
Dr.ssa Laura Nannucci
Psicologo c/o Centro Arca - Bologna
|
|